Oggi, sì sì proprio
oggi, sono 10 anni che sopravvivo a Milano. Era il 6 novembre del 2004.
Non mi sembra vero, 10 anni. Sono tantissimi, un quarto
della mia vita passata qui. Quanto ero giovane 10 anni fa, quante aspettative,
quante promesse, quante speranze. Ancora ricordo il camioncino che da Napoli ci
portò qui (sì sì camioncino, avevamo tutta la lista nozze e le provviste di
almeno 1 anno da portare su, mica bruscolini, tsè)!
Io di solito non faccio bilanci, non mi piacciono, sembra
che una cosa dopo il bilancio debba finire e invece ne ho ancora di anni da
vivere e da passare qui (ahimè ma anche per fortuna).
Solo che sono 10 anni e il bilancio o comunque un inventario
di quello che ho, di quello che ho avuto e di quello che ho perso va fatto,
comunque mi va di farlo.
Cose che ho avuto da Milano, belle e meno belle:
·
un lavoro. Beh sono partita subito dopo l’università
e di esperienze lavorative ne avevo realizzate veramente poche. Il lavoro lo
metto come prima cosa perché qui sul lavoro (per meglio dire sulla “fatica”)
non si scherza un cavolo, ma zero proprio. E’ la prima domanda che ti fanno le
persone appena conosciute, anche prima del nome a volte. La domanda è sempre la
stessa: che lavoro fai? E subito dopo: dove lavori? Quest’ultima perché anche
dalla distanza dal posto di lavoro si capisce se sei una che si impegna o una
che va a lavorare solo per lo stipendio. La posizione lavorativa è fondamentale
per avere il rispetto degli altri, dalla tua risposta possono dipendere i
futuri atteggiamenti degli altri nei tuoi confronti. Se fai un lavoro
interessante ti martelleranno di domande per capire tutto di esso, dalla
mansione allo stipendio, e sarà la prima voce nell’elenco della presentazione
che faranno di te agli altri. Tipo: ti presento Esmeralda (nome inventato)
senior account (in inglese è figo) della società Fritto and company, oppure se
devono parlare di te in tua assenza, diranno: ma come non conosci Esmeralda
quella che lavora…… mansione, nome azienda, luogo,
via. E’ la carta di identità dei milanesi, qui non sei schedato
per nome e cognome ma per lavoro. E si ricordano tutto, anche se non li vedi
per anni e magari nel frattempo hai fatto anche cose importanti come un
trasloco, un figlio, un divorzio ecc. loro ti chiederanno sempre e come prima
cosa: come va il lavoro? Ormai lo faccio anche io, se ad esempio incontro una
conoscente in al supermercato, magari anche visibilmente ammalata, che tossisce
e ha una aspetto cadaverico, non mi viene di chiederle come stai? Ma faccio così:
ciao Tizia, che casino eh, come va il lavoro?
La risposta sarebbe: ma vaffanculo va…e
invece di solito rispondono con un: tutto bene, meno male che c’è. A me
verrebbe da dire, se fossi fuori dal tunnel, cose del tipo: ma ti vedi che stai
morendo? Meno male che c’è è la
salute, non può essere il lavoro (che per carità senza se ne va anche la salute,
quindi santo lavoro, però….)
·
apertura mentale. Ero un po’ chiusa quando sono
arrivata qui. In tutti i sensi, alcune cose sapevo che c’erano ma non le avevo
mai vissute e neanche viste. La consapevolezza che ci possono essere tante
realtà diverse tutte uguali nel rispetto e nel diritto di esistere. Il non
giudicare facendo affidamento ai soliti luoghi comuni e credenze radicate in
anni di perbenismo, sia mio che della società che mi circondava.
·
La crescita. Sono cresciuta molto velocemente
una volta qui. Giù vivevo ancora con i miei, in un ambiente protetto, con un
papà iper protettivo che anticipava i miei bisogni e con un tessuto sociale che
conoscevo benissimo e di cui potevo fidarmi ciecamente, come un bambino. Una
volta qui non ero nessuno, non mi conosceva nessuno, ero una testa nera alla
fermata della metropolitana, uno dei tanti manichini che incontri per strada. E’
stata dura, ho pianto, ho sognato di scappare, sono diventata claustrofobica
anche. Ma poi qualcosa è iniziato a girare, con moooolta difficoltà mi sono
fatta conoscere e ho fatto amicizia. Sono fortunata, ho delle amiche qui.
·
L’amicizia, anche quella vera, quella che anche
se non si è cresciuti insieme fin dai primi vagiti, diventa importante e forte
e c’è se hai bisogno e viceversa. Ho delle persone molto care qui, non so chi
le ha messe sulla mia strada. Una volta una persona cara, sentendomi dire che
mi sentivo in colpa perché, lavorando tutto il giorno, non sempre riuscivo a
ricambiare gli aiuti che le mie amiche mi davano quotidianamente, mi ha detto:
Dio ci mette sulla nostra strada dei doni, delle persone, possibilità di
farcela, e io ci credo. Senza le mie amiche non sarei sopravvissuta, sono la
mia ancora di salvezza, il mio filo sospeso sul mondo, senza sarei persa, gli
sono molto grata e spero che lo sappiano o che lo capiscano.
·
La passione per la corsa. Quando vivevo giù non
apprezzavo questa attività sportiva. Giù, dove vivevo io, non ci sono molti
posti dove andare a correre. Una volta qui, vuoi per il culto del fisico che
hanno qui, vuoi per la fissa della taglia 40/42 che hanno sempre qui, vuoi, ed
è la cosa più probabile, che avessi bisogno di una sfogo sia fisico che
mentale, ho iniziato a praticare la corsa. La adoro, il rumore della scarpe da
corsa sull’asfalto mi rilassa e al tempo stesso mi da grinta, il vento in
faccia, i muscoli che si tendono, il paesaggio intorno che cambia
continuamente, la strada che si sgretola sotto i piedi, la stanchezza piacevole
che arriva dopo un po’. Anche il respiro affannato mi esalta. La mente si
rilassa, si libera, inizio a vagare nei miei pensieri più nascosti e corro,
corro, corro. Il dopo è ancora meglio, il corpo è stanco ma rilassato e hai una
sensazione di benessere unica.
Beh mi fermo qui, ne avrei da scrivere ma poi divento noiosa
e prolissa, Milano mi ha dato e continua a darmi e direi che in fin dei conti
il bilancio è super positivo. Nella prossima puntata vi dico invece quello che perso. Mi andrebbe di cambiare e spesso sogno di farlo,
ma per il momento resto qui e sfrutto tutto quello che questa città ha ancora
da offrirmi.